Piazzetta del Limbo in mattinata. Si devono scendere dei gradini per trovarsi di fronte alla chiesa che si chiama dei Santi Apostoli, passo davanti alla vetrina schiribillosa di un’enoteca e scendo. La pietra è un po’ umida e la chiesa è chiusa. Di fronte la porta girevole di un albergo lascia intravedere un lampadario già acceso e il banco della portineria deserto. Cielo afoso anche se indosso il giubbotto. Per un attimo qui fuori, vorrei io non battezzata imparare a pregare: solo per ricordarmi come si scrivono le cartoline.
Il gatto color di un’arancia mi guarda sornione. Stanotte ho ritrovato sui miei scaffali un eserciziario di chimica cirillico, viene da San Pietroburgo e da qualche anno fa. Quando me lo portarono ero contenta, ora me lo rigiro fra le mani, “chimia” in oro e ritratto di Mendeleev: quell’esame incimurrito me lo stavo portando a spasso da una facoltà a un’altra, da biotecnologie a medicina, “forza con questa chimica, si dà o non si dà”: perché dici chimica, che ne sai tu di chimica? Ora sfoglio e sorrido, sorrido con sbuffo -qual è il contrario di sospirare?-. Lo sapevi già, sorridevi già così allora. E allora lo capisco, questo è un regalo dal futuro.
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