Crampo in piscina. Per un paio di vasche sono una marionetta a cui hanno tagliato un filo e mi porto a traino, respirando sempre dalla stessa parte, lasciando ricadere le braccia con uno schianto. Apprezzo il ranista che divide con me la corsia, apprezzo che non mi chieda niente quando arrivo al bordo, e che solo aspetti un po’ a ripartire.
“Passerì, ti sei ferita molto?” nella recita di prima elementare pescai dal cestino coi bigliettini il ruolo della protagonista. A vent’anni la studentessa di legge che colleziona trenta mi rinfaccia piccata, passandosi lo smalto “sai, io le recite le vedevo solo da dietro le quinte”. Oh yeah. Intanto mi informa che le hanno offerto tre proposte di tesi, mentre io affondo nell’atlante di anatomia e perdo pure l’orientamento. Ma una pallina rimbalzina anche quando sfonda un vetro resta una pallina rimbalzina.
Il cortile di Lettere non me lo ricordavo più, ghiaia e motorini. Lo schermo da aeroporto con gli orari delle lezioni non c’era l’ultima volta che ero stata qui. Mi lascio sorprendere dalla targa di marmo antica “alunne ostetriche” all’ingresso della segreteria del centro linguistico. Dentro è un tappeto a uncinetto tunisino, se anche lo girassi non cambierebbe trama, in coda davanti a me un orientale abbronzato con la silhouette divisa a metà dall’elastico delle mutande: “Franca, se viene da te un ragazzone, un cinese enorme, dagli il volantino del Portoghese, ho tentato di spiegargli ma”.
Davanti a un cappuccino l’altro giorno aspettavo che spiovesse e mi è venuto in mente che Sofia nel cappuccino mette lo zucchero e poi zucchera anche il bordo della tazza, torno torno. Ho voluto provare, ma lo zucchero è finito tutto nella schiuma. Non fa per me. Il Grande Claus continuerà a bere il suo cappuccino zuccherato e il Piccolo Claus se ne andrà in paese con la pelle del suo cavallo: torno da Andersen, mio grande piccolo torturatore.
Gli Ainu in Hokkaido tirano su le loro case issandole con le funi, partono a costruirle dal tetto di paglia, senza le fondamenta: è posto di terremoti e il tetto è un cerchio spiovente e può fare da coperchio all’occorrenza.
L’aria è fresca stasera e sa di erba falciata, anche col traffico, anche con la bistecca del ristorante di fronte, ma cosa c’è poi da dire?
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