venerdì 11 aprile 2014

rima





Ho camminato poco, dormito poco, studiato poco, all’esame manca credo poco. Credo, perché non ho guardato. Se anche avessi guardato non avrei visto. Per andare a lezione ho fatto la stessa strada di sempre; non so perché ma la strada non mi spaventa: mi sembra che a differenza di tutto il resto -del cumulo di primavere ammassato nell’armadio, degli inverni che vanno troppo stretti, troppo in fretta e sempre con troppa poca neve- la strada sia sempre diversa, sempre pronta ad aprirsi. In rima. Dopo dieci minuti di bicicletta, verso Porta al Prato o canto o inizio a pensare in rima, è un vizio. Rima labiale, rima baciata: strano destino, piccola parola, di spalancare abissi e allo stesso tempo creare un mondo di battiti che non sa. Oggi poi c’era il sole, un sole senza nuvole, troppo reale per essere vero, che schiacciava a terra le ombre sferzanti degli alberi sui viali e andava a stanare le panchine vuote per farle più verdi. Guanti a mezze dita, vi tengo nel cassetto in mezzo al mare, in questo istante, che è una vita è un momento, una passante.
 Più tardi il pratone di Boboli, quasi vuoto sul filo di mezzogiorno. Mi sono solo sdraiata: è l’unico modo di staccare l’ombra da terra.

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