Il mio ticchettio sugli
scalini di oggi, ne conto quattordici e mi dico che preferirei perdere 3 a 11
che vincere 12 a 2, e poi mi chiedo se c’è differenza; e tre soli? Tre soli non
può essere: sarebbero al massimo tre con il ticchettio e gli altri undici di
giravolte arancione. Ma si vive proprio sempre in difesa di un territorio? Da
bambina con la mia vicina di casa ci mettevamo cavalcioni sul corrimano e
scendevamo così, scivolando all’indietro.
“Ce, me la sai fare una
treccia?” “no” “dài che invece sei la tipica che si saprebbe pettinare…” non
imparerò mai a resistere alle lusinghe di un condizionale anche poco
lusinghiero. Robert Redford spunta fuori chissà perché da com’eravamo e mi è
accanto, America fluoro e voce doppiata, “tu devi essere una tifosa scalmanata”
ci diamo anche un cozzino fronte a fronte e poi evaporiamo entrambi. “Va bene,
dammi una spazzola”.
In difesa di un territorio,
capirò mai cosa vuol dire? Poggiare la guancia su una diga che sta per
esplodere come sul petto di qualcuno a cui vuoi bene, e le dita, tutte le dita
del mondo nelle crepe dei muri: ma da quale parte, dentro fuori, vogliono
tappare le falle o vogliono semplicemente stare nelle intercapedini? Fosco
Maraini in Giappone si taglia il dito mignolo e le guardie del campo di
prigionia gli danno una capretta. Un dito di meno. E questo rumore cos’è, lo
sentite? il rumore di tutti gli argini del mondo che erano stati tirati su solo
per crollare.
Nessun commento:
Posta un commento