martedì 29 aprile 2014

inesitate





Ieri il mondo era i tappeti da aspirare, i vestiti e le scatole da buttare, il pavimento da lavare e tante e troppe cose e non so quali. Quando oggi mi sono svegliata mi ronzavano tutte in testa e mi sono accorta che stavo mentalmente passandole in rassegna come per preparare la valigia, ma quale valigia: stamani l’unica valigia che mi portavo dietro somigliava alla valigetta di Herzog, e dovevo andare infatti proprio alla posta, ma per un avviso di giacenza, niente lettere. Cara professoressa B., lei non si ricorderà di me-e perché dovrebbe, mi ha visto solo una volta- ma si ricorderà delle mie scarpe che fissava con tanta insistenza: velluto scuro un po’ consumato e fiocco incerto di gros grain. Cos’è, le ha trovate patetiche? Io le adoravo, anche se poi le ho buttate via -ieri per l’appunto-. Eppure le guardi bene, sono quasi austere, e poi anche se può non sembrare in realtà sono solo un paio di chantilly. Ma senta, professoressa B., cosa pensava lei quella mattina quando mi ha mandata a fare l’anamnesi, me sola, al paziente A. T. di anni 35 che nel reparto di degenza breve ci si trovava per un caso e che di anni ne dimostrava ottanta? Si è sentita spiritosa, il dottor house con la scusa del progesterone? No, guardi, professoressa B., io non ce l’ho con lei, anzi sono sicura che la sera lei sia una gran simpaticona col suo boa di piume e le ms club che passa in rassegna di sottecchi quante donne le sono cascate ai piedi intanto che fa scrocchiare all’unisono caviglia destra e spalla sinistra mentre tira un sospiro di compiacimento. Folate di turisti, ombrelli con trina e pois a cupola. Alla prima domanda: perché lei è qui? Mi si è conficcato qualcosa tra zigomo e tempia che non è andato più via, neppure quando cercando di essere il meno possibile una cavalletta ai piedi di quel letto, ho bene o male non dico conquistato la fiducia -che non era possibile e non me lo sarei proposto-, ma ridotto al minimo il fastidio sacrosanto dell’uomo che mi stava davanti “al sert, mi hanno mandato: lo sai te cos’è? Sì?” piccola breccia che si aprì. O chissà: chissà come si aprono queste brecce. Come faceva lei professoressa B., a vedere le mie scarpe quella mattina, come faceva a crederci –nelle mie scarpe intendo-? La fame degli affamati e la sazietà dei sazi, dicono che siano gemelli, indissolubilmente fusi. Sono arrivata alla posta: “per inesitate quartiere 3 gavinana-galluzzo rivolgersi a destra.” Leggo due volte “per inesitate” che vuol dire? A me quell’inesitate così maiuscolo pare un imperativo: abbandonate ogni dubbio e varcate la soglia. Piuttosto solenne, ma mi piace. E varco inesitando. “Che cos’abbiamo qui, avviso di giacenza, oh vediamo: è un atto giudiziario. Non faccia quella faccia, sarà una multa.” “no, guardi, io non…” “ah, ma non si può mai sapere, di multe ne arrivano sempre per qualunque motivo: a me ne è arrivata una dopo dieci anni perché a Venezia ero salita su un traghetto senza biglietto. Da tre euro sono diventati ottanta.” “beh, certo per Venezia…”. Santa Lucia, acqua e binari. E palafitte. “dove devo firmare?” “qui” bella mano botticelliana. Scarto. “Gentile contribuente, questo avviso le viene inviato a seguito di liquidazione di dichiarazione di successione…” one. Il millesimo dell’appartamento della zia di mio padre. Cara zia L., no "caro" Herzog, stavolta devo tirare fuori il cellulare e scrivere almeno un messaggio. 

Nessun commento:

Posta un commento