sabato 1 marzo 2014

favolate-6


Il Soldatino di Stagno. 


   C’era una volta una Ballerina di Carta. Teneva le braccia sopra la testa con i gomiti appena piegati in una corona morbida e girava su se stessa, un piede appoggiato contro il ginocchio dell’altra gamba. Il Soldatino di Stagno invece tra tutti gli altri soldatini di stagno era l’unico ad avere una gamba sola, e ogni giorno sfilava insieme ai suoi compagni. Durante la marcia passava davanti alla Ballerina che faceva le sue piroette: ma la Ballerina non poteva vedere nessuno. Roteava veloce e badava a mantenere l’equilibrio, occhi all’infinito. Sentiva gli sguardi su di sé anche se sapeva che nessuno la stava guardando: faceva parte del portamento. Quando poi smetteva di piroettare, la Ballerina rimaneva appoggiata al muro della casa delle bambole, sempre con le braccia sollevate e la gamba piegata, ma era timida e guardava in basso vergognandosi un po’ di non poter cambiare quella sua buffa posizione. Fu così che un bel giorno notò che uno dei soldatini marciava su una gamba sola e involontariamente sollevò gli occhi su quella sorte affine alla sua. Il Soldatino di Stagno tutti i giorni aspettava da lei quel gesto senza ormai sperarlo più, così lì per lì rimase un po’  sospeso: tra la lealtà che doveva a quello sguardo, come cosa reale dal di fuori, e la lealtà che doveva alla convinzione che lei non lo avrebbe mai guardato, come cosa reale dal di dentro. La Ballerina quando lo vide perplesso si vergognò della propria mancanza di tatto e si affrettò a sorridergli conciliante. Da quella volta ogni sera il Soldatino di Stagno portava alla Ballerina un comignolo Di Marzapane che staccava dalla casetta omonima, e ogni mattina il comignolo rispuntava per lui. Quando la pendola rintoccava la mezzanotte, una mazurka suonava all’unisono nella testa del Soldatino di Stagno e della Ballerina e loro volteggiavano muovendo i passi,  non come due con una gamba ciascuno, bensì come uno con due gambe che ballasse da solo. Dopo qualche tempo di questa vita ebbero voglia di essere in due: piegare le lenzuola pulite, preparare il caffè e porgere la tazzina. Ma nella casa delle bambole le lenzuola e le tazzine erano solo disegnate, allora andarono al fiume di cartapesta verso sera. Il Soldatino si mise a sedere sulla spalletta, la schiena contro il palo di un lampione e la ballerina con un saltello lo imitò, e schiena contro schiena stavano in silenzio. Fu lei che propose di dire a turno una cosa qualunque che l’altro non sapesse. Il Soldatino parlò della bambola di coccio, che una volta gli aveva guardato la gamba e poi gli aveva sorriso con compiacimento, e di come questo gli avesse dato sui nervi, soprattutto quando poi si accorse che la bambola credeva che lui avesse un occhio di riguardo per lei, “non come noi, che abbiamo alzato lo sguardo nello stesso istante”. Era il turno della Ballerina, ma lei non seppe che dire, se non che spesso le faceva male l’alluce, a stare sempre sulla punta, “ogni tre giravolte mi faccio una pulcesecca con la scarpetta: esce anche il sangue.” 

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