Pollicino.
C’era
una volta un bambino che non cresceva mai di nome Pollicino. Era così piccolo
che i suoi amici si divertivano a fargli fare l’altalena prendendolo per le
braccia, i grandi lo salutavano e dicevano “è sempre piccolo, Pollicino”, le
maestre di scuola avevano convocato i suoi genitori per chiedere loro se forse
il ragazzo non mangiasse, ma Pollicino mangiava, beveva, rideva e aveva i suoi
segreti: esattamente come tutti i suoi amici alti, diversamente da ciascuno dei
suoi amici alti.
E
io non cresco.
Se
giocava a biglie Pollicino vinceva sempre e poi portava il malloppo con sé.
Quando correva nell’erba alta scompariva anche a se stesso e le farfalle che
volano basse, con quel loro passo incerto come se portassero con le ali valigie
invisibili di leggerezza e di primavera, gli si posavano sui capelli e gli
parlavano chissà quali pensieri.
E
io non cresco.
Ogni
mattina per andare a scuola Pollicino faceva la stessa strada, e ogni volta
nascondeva le sue biglie in posti segreti che conosceva solo lui per poterle
ritrovare al ritorno ed essere così sicuro che la strada anche al rovescio era
proprio quella medesima e non una uguale, ma smontata e ricostruita al
contrario.
E
io non cresco.
A
volte fingeva di perdere una delle sue biglie e finiva per crederci lui stesso e allora era disperazione
vera e pianto, si strappava i capelli e le farfalle, ma poi anche senza volerlo
ritrovava sempre la biglia mancante e ogni sera poteva addormentersi sapendo
che le biglie c’erano tutte e che la strada era proprio quella.
Sarà
per questo che non cresco?

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