lunedì 31 marzo 2014

Herman Asa





Herman Asa


Chi era costui? Ma partiamo dall’inizio. Siamo durante l’estate della  terza media, è quell’ora infame del dopo pranzo, saranno le tre, insieme troppo tardi e troppo presto per fare qualsiasi cosa. Col mio amico d’infanzia siamo seduti a un tavolino di plastica, fuori dalla casa dei suoi al mare, e giochiamo a abalone. Stavolta i bianchi sono toccati a me, come sempre controvoglia: si sa che i bianchi non hanno segreti, sono lenti e creduloni e vengono mangiati dai neri nel giro di una mezz’ora. “Ma a te ti pare possibile che dalla prima siano già passati tre anni?” Un bombo stordito incespica nella datura lì accanto. “sì, certo: è così, perché non dovrebbero essere passati?” “mah non saprei, è che a me non pare, ecco tutto”. Alberto mi fa il segno della triglia: bocca spalancata occhio stralunato al cielo e palmi delle mani verso l’alto: convenzionalmente segnale di guerra cui segue inseguimento, lotta all’ultimo sangue e risata, o alternativamente boccacce e rancore eterno di un pomeriggio muto in cui ognuno legge sotto la propria frasca. Ma oggi siamo istupiditi da un demone meridiano assonnato, e Alberto mi concede una spiegazione: “prova a pensare a Herman Asa, quello che cambiò scuola dopo due settimane in prima” che stia mettendo su questa storia apposta, mi ha già pappato tre biglie… “se pensi a Herman Asa e non a un giorno qualunque di scuola ti rendi conto che tre anni sono passati” potenza della mente pragmatica e di chi ne è sprovvisto: mi ricostruisco il volto del bambino col ciuffo di gel che parlava a stento italiano, e tre anni si materializzano improvvisamente. Di quanti saremo stati noi poi gli Herman Asa, quelli che sono venuti una volta sola al calcetto, quella che alle lezioni arrivava sempre in ritardo e dava gli esami non si sa come. Più di dieci anni dopo ci troviamo una mattina per caso in biblioteca con Alberto: “che fai a pranzo?” “panino con lampredotto?”. E se fossimo diventati gli Herman Asa ciascuno di se stesso? Segno della triglia.  

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